sabato 18 marzo 2017

Padre Stefano Pigini: una mostra per il grande artista

L'ho visto scolpire, in un giorno di pioggia, nel chiostro del Convento, incurante del maltempo, avvolto in un mantello impermeabile. Dava di scalpello con un vigore giovanile che esprimeva tutta la sua interiorità”.
(Rodolfo Colarizi)

Negli ultimi mesi si è reso attivo un comitato, all'interno della Pro Loco, intenzionato ad allestire nel breve periodo una grande mostra artistica interamente dedicata al lavoro dello scomparso Padre Stefano Pigini, il frate-scultore (ma non solo) che ha vissuto e lavorato presso il Convento di Santa Maria del Soccorso e che a Cartoceto ha dedicato numerose sue opere, sia pubbliche che private. Se al Teatro del Trionfo è stata allestita una mostra permanente dedicata al grande fotografo scomparso Mario Dondero (che a Cartoceto transitò per alcune settimane all'inizio del nuovo millennio), sembra doveroso organizzare un'esposizione dedicata ad un grande artista quale lo è stato Stefano Pigini, che a Cartoceto ha donato così tanti anni della sua vita.
Non solo uno scultore, dicevamo. Il Pigini infatti, oltre alla scultura, si è dedicato ed espresso anche attraverso la pittura e l'architettura, con interessanti progetti e produzioni uniche.

Stefano Pigini, non ancora “Padre”, nacque il 24 aprile 1919 nella frazione Crocette di Castelfidardo.
Terminati gli studi classici e teologici che lo condussero al sacerdozio, cominciò da subito a manifestare un vivo ed acceso interesse per le arti figurative. Nel 1946 s'iscrisse alla scuola di ceramica di Pesaro, per frequentare poi l'Accademia di Roma. Tra il 1953 ed il 1954 frequentò assiduamente, sempre a Roma, lo studio del professor Alessandro Monteleone, nella celebre Via Margutta 33; contemporaneamente, studiava anche all'Accademia di Spagna1. Si trasferì poi a Bologna, per applicarsi due anni allo studio libero del nudo presso l'Accademia di Belle Arti: per la tecnica dell'affresco, Stefano Pigini fu allievo del professor Romagnoli e nel 1965 frequentò per un anno lo studio dell'architetto Cotti. Da artista poliedrico, si dedicò (oltre che alla scultura), pure alla pittura, interessandosi attivamente anche di architettura.

Disse il Pigini, parlando di sé:

Mi sono mosso come autodidatta partendo dalla imitazione dei classici (1940-1953). Sotto la guida del mio maestro Monteleone, mi sono formato al neorealismo (1953-1960). In seguito mi sono recuperato per istinto verso i primitivi (il romanico in specie) tenendo d'occhio tutte le grandi correnti dell'arte contemporanea (1960-1970). Ho riservato particolare attenzione all'arte degli Aztechi, Maya ed Inca, nel tentativo di realizzare una scultura incarnata nella storia, sintesi di espressività ed essenzialità”.

Il 23 aprile 2002, con deliberazione consiliare n. 40, la città di Castelfidardo riconobbe all'illustre nativo la cittadinanza onoraria per i suoi meriti artistici, consegnandogli il “Sigillo d'oro”. La cerimonia si svolse, in forma solenne, il 14 maggio di quello stesso anno, in occasione della locale Festa dei Santi Patroni Vittore e Corona.

Paolo Bugiolacchi, giornalista, pittore, storico e scrittore fidardense scomparso nel 2009, dedicò queste parole al Pigini: “Nonostante l'avanzata età e qualche acciacco di troppo, Padre Stefano è ancora nella pienezza della lucidità mentale e soprattutto in pieno vigore creativo e, proprio nel Convento di Cartoceto, nel quale vive e lavora da tanti anni, plasma ancora la materia informe, che dalle sue mani riceve vita e vigore per testimoniare, qualora ce ne fosse ancora bisogno, tutta la sua maestria e vitalità, temprata da un'esperienza lunga e da una Fede profonda.
Un'esistenza, come suole dire lui stesso, nata dalla terra, cresciuta nella povertà, nella disciplina e repressa nella sua istintività ed emotività. Caratteri che si riflettono nella sua attività artistica: un'attività di contrasti, domata, strappata al tempo e agli uomini giorno dopo giorno. Non per caso nelle sue opere sono totalmente assenti espressioni di gioia o di sorriso, ed è invece nella durezza, nella spigolosità di come è trattata e aggredita la materia, che si riflette tutta l'interiorità dell'artista, senza tenerezze e senza pietà.
È questo tipo di esistenza che gli ha fatto prediligere ciò che sa di antico, di arcaico e di primitivo, il desiderio cioè di risalire alle origini più lontane e in esse scoprire l'io autentico.
Ecco ciò che pure il visitatore meno preparato può cogliere: la bellezza della materia plasmata e il senso profondo di una vita intensamente vissuta nella Fede e nell'Arte”.

Tantissime sono ad oggi le sue opere, sparse per tutto il mondo in collezioni pubbliche e private. Tra quelle esposte all'estero, ricordiamo:

  • Una Annunciazione in marmo, presso la Cappella dell'Universidad Católica de Santo Tomás de Villanueva, a L'Avana, Cuba (chiusa nel 1961).
  • Una Via Crucis a Nimega, nei Paesi Bassi.

Tra i numerosi suoi lavori in l'Italia, citiamo:

  • una “Tomba Brusi” a Pesaro;
  • due cantorie ed il grandioso portone in bronzo per la Chiesa di Santa Rita, a Milano;
  • i bassorilievi nella cripta della Basilica di San Nicola, a Tolentino;
  • un bassorilievo all'Augustinianum di Roma;
  • due amboni in bronzo ad Amandola, in Provincia di Fermo;
  • una Madonna in gesso presso il Centro Trasfusionale dell'Ospedale “Santa Croce” di Fano;
  • un monumento al Beato Sante, a Mombaroccio;

Altrettanto numerosi sono le opere di Pigini che oggi adornano le vie, le strade, le chiese ed i palazzi del suo comune natale, Castelfidardo. Ricordiamo:

  • una effige bronzea del vescovo Francesco Mazzieri, missionario in Africa, nel sagrato della Chiesa delle Crocette, a Castelfidardo;
  • busto bronzeo della Beata Suor Enrichetta Dominici, sulla facciata del palazzo dell'Istituto delle Suore di Sant'Anna, a Castelfidardo;
  • effige di don Paolo Pigini, storico locale, in una sala della biblioteca comunale fidardense;
  • busto del commendatore Paolo Soprani, fondatore dell'industria italiana delle fisarmoniche, all'ingresso del Museo Internazionale della Fisarmonica a Castelfidardo; sempre nel museo è sito un “Totem della Fisarmonica”, altra opera piginiana, simbolo della genialità e industriosità castellana;
  • bassorilievo della Madonna della Consolazione sulla facciata della Chiesa della Figuretta, e pala d'altare all'interno della stessa;

Ed ecco alcune delle opere del Pigini presenti a Cartoceto:

  • la Fontana dell'Olio, lungo via Marcolini;
  • statue e bassorilievi all'esterno ed all'interno del Convento di Santa Maria del Soccorso;
  • l'altare e l'ambone della Chiesa Collegiata di Santa Maria della Misericordia, a cui lavorò con l'allievo Giovanni Galiardi, nonché il busto del cardinale Girolamo Rusticucci, posto dinnanzi alla casa parrocchiale;
  • l'altare della Chiesa di Sant'Apollinare a Lucrezia;
  • numerose sue opere sono visibili presso collezioni private locali, ad esempio al Frantoio della Rocca di Vittorio Beltrami o nella raccolta in possesso di Domenico Bianchini.

Stefano Pigini fu anche architetto e in quest'ambito curò la trasformazione della volta ed il presbiterio della Chiesa di Sant'Agostino a Pesaro, l'abside della Chiesa di Santa Maria delle Grazie, sempre a Pesaro, il presbiterio della Chiesa del Beato Antonio ad Amandola e il sistema della Chiesa di Santa Rita, a Bologna.

Sul fronte della sua attività pittorica, molte opere si trovano in chiese e collezioni italiane ed estere:

  • un mosaico all'Augustinianum, Roma;
  • la grande vetrata della Chiesa di Santa Rita, a Roma.

Nel gennaio del 2002, a coronamento della sua affascinante e lunga attività creativa, due significative opere andarono ad arricchire la prestigiosa raccolta di Palazzo Ricci a Macerata, considerata unanimemente una delle più ricche collezioni d'arte moderna dell'Italia centrale. Scrisse, in tale occasione, Lucio del Gobbo: “Prevalente, nell'opera di Padre Stefano, è la produzione scultorea ed in particolare quella di soggetto sacro, ma non mancano opere di poetica profana, come ritratti e bronzetti di vario genere, che egli predilige ritenendoli parte della sua espressione più fresca e contemporanea”.
Il 4 aprile dello stesso anno, P. Stefano Pigini festeggiò il suo 60° anno di sacerdozio, ricordato con una celebrazione eucaristica presso il cappellone della Basilica di San Nicola, a Tolentino, ove parteciparono molti suoi confratelli, familiari ed amici. Per l'occasione, don Lamberto Pigini narrò commosso i fatti della loro infanzia comune in una grande famiglia patriarcale, che nella fede vissuta trovava la forza per l'educazione dei figli e le soluzioni ai problemi quotidiani della vita.

Padre Stefano Pigini, nato in una frazione, sia nei suoi lavori di scultura e pittura che nelle sue poesie, ha ricordato spesso le sue origini castellane e contadine. È scomparso il 3 ottobre 2006, all'età di 87 anni.
La morte di Pigini può essere considerata, a tutti gli effetti, la fine di un'era storica anche per Cartoceto. Essa fu del resto quasi un presagio dell'ormai prossima fine della stessa comunità agostiniana di Santa Maria del Soccorso, soppressa nel 2013 dopo 513 anni; con la loro scomparsa, e l'arrivo delle monache di clausura Adoratrici del Santissimo Sacramento, Cartoceto ha sostanzialmente perso i suoi legami col Convento e la Chiesa di Santa Maria del Soccorso, che ormai paiono vivere appartati e distanti, tristemente separati e distinti dal resto del paese e della comunità.

Proseguiremo l'analisi dell'artista con articoli dedidati nei futuri numeri dei Quaderni di Cartoceto.

In conclusione, presentiamo ora, nelle pagine a seguire, alcuni dei versi scritti da Stefano Pigini.


Andrea Contenti

1Sita nel chiostro dell'ex-monastero di San Pietro in Montorio al Gianicolo, l'Accademia di Spagna è un'istituzione culturale alle dipendenze della Direzione Generale delle Relazioni Culturali e Scientifiche del Ministero degli Affari Esterni spagnolo.


La mia casa natale

Sole della sera
che riscaldi la mia
vecchia casa
sepolta tra le querce.

Sole di Settembre
che accarezzi
le sue pietre ingiallite,
come vecchie pergamene,
dove sono scritte
le gioie e le lacrime
della gente della terra:
mia prima pagina.

Ampio balcone
allietato da gerani,
dove il colono scruta il cielo
così incerto ed infido.

Piccola finestra
di quella fredda stanza,
che mi vide nascere
che accolse le prime lacrime
della mia triste infanzia.
Ora tutto è diverso per me.

Ma tu sei sempre lì,
ad accogliere
altra povera gente,
per scrivere sulle tue pietre
altre gioie, altre lacrime.

Vecchia casa colonica
illuminata dal sole del tramonto
quanta dignità
nella tua estrema semplicità.


Castello oggi

Castello mio:
non vedo più
le querce di Magi,
gli ulivi di “Freddo”,
le ginestre delle Fornaci,
i rovi e le acacie della Figuretta,
le timide case coloniche.

Hai tracimato le mura,
hai forzato le porte.
Le nuove case e le fabbriche
si spandono per i colli,
scendono a valle
come branchi di mucche al pascolo.

Le tue ripide strade,
una volta bianche e polverose,
scandite dal cigolio dei carrettieri,
ora sono diventate
enormi bisce nere
percorse da frenetici
insetti metallici.

Da ogni casa
escono suoni,
accordi musicali,
stropiccio di lime,
stridori di seghe,
sibili di frese,
odori di colle e di resine:
la santa liturgia del lavoro.

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